sabato 11 aprile 2009

Disegno di Saba

DOPO LA TRISTEZZA
QUESTO PANE HA IL SAPORE D’UN RICORDO,
MANGIATO IN QUELLA POVERA OSTERIA,
DOV’È PIÙ ABBANDONATO E INGOMBRO IL PORTO.


Fughe e ritorni

Firenze, Bologna, Torino, Milano, Roma: le fughe e i ritorni a Trieste sono continui. A Milano, dove tenterà un inserimento lavorativo, il poeta conosce Giulio Einaudi, Vittorio Sereni, Alberto Mondadori. Saba lascia più volte la sua città per tentare di radicarsi altrove, ma finisce sempre col tornarvi e ritrovarvi la sua identità e le sue interiori lacerazioni. E comunque nel secondo dopoguerra, tornato a Trieste, frequenterà sempre meno i caffè storici e i locali che amerà di più saranno soprattutto le osterie della città vecchia. Un vero punto di incontro, soprattutto negli anni precedenti le leggi razziali, è la sua stessa libreria antiquaria, dove si ritrovano anche Giovanni Comisso, Sandro Penna, Pier Antonio Quarantotti Gambini.

CONFRONTO

L'analogia del testo di De André con la celebre poesia di Saba è evidente non solo nel titolo, ma anche in singole immagini: la "bimba che canta la canzone antica / della donnaccia" richiama la "prostituta"; i "quattro pensionati mezzo avvelenati / al tavolino" fondono le due immagini sabiante dell'"osteria" e del "vecchio / che bestemmia". Tuttavia vi è anche una differenza ideologica sostanziale fra i due autori: mentre per Saba "il Signore" riscatta con la sua presenza i reietti della sua città, il "buon Dio" di De André "non dà i suoi raggi" ai poveri quartieri genovesi. Più forzato, inoltre, sembra l'atteggiamento di Saba, che vede il suo pensiero "farsi / più puro dove più turpe è la via", di fronte a quello di De André, che si limita a definire meno enfaticamente "vittime" gli umili abbandonati non solo da Dio, ma anche dalla società. A livello metrico, anche perché svincolato da esigenze melodiche, il testo di Saba risulta più regolare: prevalgono infatti gli endecasillabi, intercalati da altri imparisillabi brevi: settenari (vv. 8 e 21), quinari (vv. 10, 14, 18) e un ternario (v. 16). La quartina iniziale ha uno schema a rima incrociata ma con assonanza tonica ai vv. 1 e 4. La terzina di chiusura ha lo schema di una terzina dantesca. Sapiente è la distribuzione delle rime nella parte centrale, dove l'unico termine irrelato ("vecchio") è comunque in rapporto di rima imperfetta coi vv. 2-3.

Città vecchia di F.De Andrè

Il rapporto tra la poesia di Saba e il testo di una canzone del cantautore genovese Fabrizio De André 

Fabrizio De André si deve essere ispirato esplicitamente a Saba nel comporre la canzone dal titolo “La città vecchia”. I quartieri di una città raccontano la sua storia e ne rivelano il carattere. Esistono i quartieri residenziali delle famiglie ricche, le periferie dormitorio, le zone monumentali, quelle industriali. Ci sono poi gli angoli dove si concentrano i diseredati, gli esclusi di ogni tipo. A questi guarda il cantautore genovese Fabrizio De André. Anche in questa canzone a svolgere il ruolo del protagonista è il mondo delle prostitute, dei miserabili, dei falliti, vittime inconsapevoli della società borghese. In un certo senso essi incarnano la cattiva coscienza dell’altro mondo, quello dei ben pensanti, di chi mira al successo, al denaro, di chi fa le leggi a sua somiglianza. Immagine vivente del dolore senza ipocrisie e senza colpe, sono anche portatori di una vitalità istintiva, quindi pura, che invece la civiltà frena e nasconde.

Il messaggio

Il poeta penetrando in una strada del quartiere del porto affollata della vita di ogni giorno, in un bagno di “gente che viene e che va”, nella confusione, riscopre le ragioni semplici e vere dell’esistenza, ristabilendo con gli uomini un rapporto di solidarietà. Questa è l’unica esperienza che comunica all’autore qualcosa di divino, come se fosse possibile incontrare il Signore solo in quei vicoli. In questa poesia Saba avverte il suo “pensiero farsi più puro”, attribuendo alla riscoperta dell’umana fratellanza un significato di tipo religioso: è questo il messaggio del componimento.

Saba e Trieste

La descrizione del fascino di Trieste non è fatta con l’animo del visitatore. Questa poesia non si presenta come un giornale di viaggio, ma è possibile avvertire nella lettura l’affetto di chi vive in questa città, e la sente sua. Saba affermò infatti “Non so, fuori di lei pensar gioconda/ l’opera, i giorni miei quasi felici,/ così ben profondate ho le radici/ nella mia terra”. Egli ama tutta la sua città: nei suoi vicoli, nelle sue osterie, nel suo ghetto, nel suo porto. Questa poesia può essere considerata complementare alla altra poesia, almeno altrettanto famosa, “Trieste”. Alla ricerca della solitudine e alla visione cittadina che si offre dall’alto, si sostituisce in Città vecchia qui l’immergersi in un’oscura via di città vecchia (v.2), in una strada del quartiere del porto affollata dalla vita di ogni giorno.

Coinvolgimi o fammi arrabbiare

Mark Prensky,“Coinvolgimi o fammi arrabbiare” Mark Prensky,“Coinvolgimi o fammi arrabbiare” nilocram Mark Prensky,“Coinvolgimi o fammi arrabbiare” Che cosa chiedono gli studenti di oggi?